In caso di separazione o divorzio, uno dei momenti più delicati è rappresentato dalla determinazione dell’assegno di mantenimento nei confronti dell’ex coniuge che versa in condizioni economiche più svantaggiate. Allo scopo di occultare le reali disponibilità di cui si beneficia, può capitare che sia da una parte che dall’altra non vengano conteggiati i redditi non dichiarati al fisco, ovvero i soldi guadagnati lavorando in nero. L’interesse di nascondere queste entrate può essere di entrambi i coniugi, sia di quello chiamato a corrispondere l’assegno, in quanto meno dichiara meno deve pagare, sia di quello che ne intende godere, in quanto meno ha più riceve.
L’ex coniuge che ha il sospetto che l’altro benefici di ulteriori proventi lavorando in nero può quindi avvalersi dell’ausilio di un investigatore privato al fine di adeguare il calcolo dell’assegno di mantenimento al giusto tenore di vita dell’ex. Secondo la sentenza n. 21047/2004 della Corte di Cassazione infatti, “il reddito da lavoro nero può negare l’assegno di mantenimento: in sede di separazione, il giudice, nel ricostruire le situazioni patrimoniali dei rispettivi coniugi, al fine di verificarne l’adeguatezza alla conservazione del precedente tenore di vita, può tenere conto del reddito da attività lavorativa non dichiarata”. In sintesi, i redditi non dichiarati al fisco devono essere conteggiati nel calcolo dell’assegno di mantenimento, in quanto contribuiscono a determinare l’effettivo tenore di vita della famiglia. L’investigatore privato però, oltre a recuperare le prove che dimostrano che l’ex lavora in nero, deve anche testimoniare in sede giudiziaria quanto affermato. La sola relazione infatti ha semplice valore indiziario e non è decisiva ai fini della colpevolezza dell’imputato.
Tuttavia, a smascherare l’ex, reo di dichiarare il falso, ci possono pensare anche i giudici. Questi possono richiedere documenti quali le visure al Pra, estratti dei conti correnti bancari e quanto può servire a dimostrare l’eventuale proprietà di immobili, natanti, auto di lusso e così via. Nonostante l’onere della prova circa l’effettiva disponibilità di redditi dell’altro coniuge spetta a colui che ha interesse a dimostrarla (come recita la sentenza n. 14051/2015 della Cassazione), in alcuni casi il giudice può chiedere addirittura l’intervento della polizia tributaria, in quanto il lavoro nero non è solo una prova per l’assegno di mantenimento, ma costituisce anche reato di evasione fiscale.
FONTE: https://www.stopsecret.it/investigazioni/mantenimento-come-dimostrare-che-lex-lavora-in-nero